09 - 06 - 2002

Dicono che la selezione non contempla la necessità di misurare il giroseno, il girovita e il girofianchi come era in uso ai tempi in cui sembrava che le partecipanti venissero valutate solo in rapporto alla consistenza dei loro attributi muliebri. Dicono anche che non si mettono più in mostra seni e cosce come se fosse importante solo l’involucro, è al contrario necessario saper pensare, saper parlare, saper sorridere, saper camminare e ballare e, perché no, saper anche mostrare le proprie emozioni secondo uno speciale galateo mediatico che indica come condursi di fronte all’occhio vuoto della telecamera. Dicono che si tratta solo di una festa, una innocente, spontanea, giubilante e gioiosa festa della bellezza, della purezza e dell’innocenza. Insomma, una festa della donna. Dicono infine che il nubilato sia d’obbligo, ma questa non è una novità: simile status è da sempre stato considerato necessario probabilmente per un simbolico richiamo a quella verginità che un tempo si associava alla condizione di signorina. Dicono insomma che la festa per la elezione ed incoronazione di miss Italia ha perso quei biechi connotati maschilisti che l’avevano caratterizzata quando, prima degli anni settanta, si usava il metro per verificare la corrispondenza della candidata ai canoni di beltà.

Per inciso ricorderemo che la misura ideale riferita alla triade seno-vita-fianchi per una altezza non superiore al metro e settanta era di centimetri 90-60-90 con possibili oscillazioni in più per i due estremi (95 e 95) ed in meno per il canone di mezzo (55). Dobbiamo notare inoltre che qualche nostalgico, rimasto anonimo, ha misurato virtualmente e dopo l’evento, basandosi cioè sulle immagini e a concorso concluso, quelle stesse zone corporee ottenendo valori (75-65-75 per una altezza di 175) che mostrano pericolosamente la tendenza a trasformare la silhouette femminile dalla figura dell’anfora a quella della bottiglia.

Comunque sia oggi non ci si preoccupa di misure e l’elezione della miss è tutt’altra cosa da quella moda che, importata dalla California, si diffuse già negli anni venti anche sulle nostre spiagge. Allora la più bella, riconosciuta tale per libera votazione nel corso di una festa o di un ballo, non era chiamata miss, ma Reginetta. Si trattava di un gioco di moda a Rimini o in Versilia e pareva dovesse essere altrettanto effimera come il più delle volte sono le usanze mondane.

Nel dopoguerra invece quei rituali riapparvero e questa volta non più affidati all’inventiva di improvvisati animatori ma sempre più strutturati in seri e controllati concorsi dove comparve anche quella fascia a tracolla di importazione statunitense dove alla parola miss che aveva sostituito Reginetta, di sapore nazional-fascista, seguiva il riferimento ad alcune qualità (Miss Sorriso, Miss Simpatia, Miss Fossette), ai luoghi della vittoria, (Miss Dolomiti, Miss Spiaggia), all’estensione dei territori (Miss comunali, provinciali, regionali e nazionali) e alle ipotesi di lavoro (Miss Cinema) C’erano anche le olimpiadi: si poteva diventare Miss Mondo.

Tutto sommato il concorso era un ottimo trampolino di lancio per molte candidate e proprio questo aspetto aveva finito per squalificarlo, sembrava infatti che l’iniziativa consentisse una realizzazione professionale solo perché in possesso di un corpo appetibile, mostrato sempre più nudo e seducente a una popolazione di maschi repressi.

Così pur non scomparendo, i concorsi vennero realizzati in sordina e nel più completo discredito ufficiale fino a che sono riemersi emendati: non si tratta della fiera dei corpi, ma di un gioco, semplice e spontaneo dove qualche ragazza si distrae dai più seri impegni di studio o di casa e si incarica di rappresentare il bello femminino.

Non ci soffermiamo a considerare l’artificio di tutta l’impresa che sarà risultato palese anche a chi non ha seguito per intero le lunghe puntate televisive, intendiamo invece rilevare altro. La Miss è per definizione la più bella, rappresenta il modello di bellezza corporea che dovrebbe essere condiviso da una determinata comunità, esprime l’universale femminile. Un corpo quando è considerato espressione di bellezza – una bellezza da Miss – diventa un fattore, anche se non sempre il principale, della seduzione erotica. Ci riferiamo a un corpo che non è solo seno-vita-fianchi, ma anche volto e mani e gambe e movimento e pensiero e sentimenti incarnati, un corpo, che è insieme forma e animazione della stessa. Ma allora, più semplicemente: il sesso con l’elezione della Miss ha senz’altro qualcosa a che vedere. Invece no: le ragazze, clonate su di un modello che nel rifuggire cuscinetti e celluliti risulta vagamente anorettico, sembrano private di qualsiasi sex-appeal.

Tuttavia i gusti cambiano, forse è il tempo delle donne “bottiglia”, cilindriche e tendenzialmente filiformi, forse gli uomini d’oggi sono attratti da queste veneri mai celebrate dalle culture feconde e barocche, forse seduce l’etereo, il disincarnato. Non abbiamo una risposta certa, ma anche se ciò fosse credibile non ci spieghiamo come mai quando si visitano altri canali televisivi in particolare dopo le ventitre ritroviamo quelle misure e quelle forme sia pure sfacciatamente e squallidamente proposte.

Al di la delle manipolazioni operate dai media e dai suoi gestori, che con la loro oscena artificiosità sembrano voler privare il corpo e la sua bellezza di una intrinseca, vitale e fertile dimensione erotica, dobbiamo riconoscere di essere sempre più frequentemente messi a confronto con dimensioni asessuate del vivere sociale che non sono di certo estranee a quella mancanza di desiderio e a quella povertà di comportamenti sessuali che quotidianamente incontriamo nel nostro lavoro. Era di Totò la canzone: Miss, mia dolce miss, io voglio il bis…

Maggio/Giugno 2002 –Anno X- n° 2

In “Frammenti di Sesso” CIC, 2005