10 - 03 - 1995

di Anna Natali

Non intendiamo fare riferimenti agli aspetti …perversi dell’apparato burocratico che complica la nostra vita, bensì al primo significato, corretto in senso etimologico, del termine “pornografia” (da “pornè”=meretrice e “graphia”=scrittura) che significa quindi “scritto che riguarda la prostituzione”.

In realtà il controllo e la regolamentazione della prostituzione hanno sempre costretto gli organi di polizia preposti a tale controllo a redigere i verbali delle loro ispezioni nei bordelli, nelle case della prostituzione clandestina, nei luoghi pubblici e privati dove essa si svolgeva illegalmente, per poter emettere i loro mandati di arresto o le loro denunce alle autorità competenti e per giustificare i loro interventi. Tali verbali dovevano necessariamente essere dettagliati e i dettagli, possiamo immaginarlo, non potevano essere castigati, riferendosi a comportamenti, gesti, abbigliamenti o assenza di abbigliamenti, posizioni, atti, appunto, “pornografici”.

Nelle azioni di controllo che avevano come scopo la prevenzione della diffusione delle malattie veneree, in particolare della sifilide, le donne venivano sottoposte a visita medica obbligatoria e venivano poi redatti i relativi certificati dettagliati per provvedere ai ricoveri coattivi nelle strutture sanitarie preposte alla cura e per deliberare e assumere l’onere economico del ricovero stesso.

Ma la inesorabile macchina burocratica non provvede solo a registrare, si preoccupa anche di conservare e archiviare. Così nell’Archivio Storico di S.Giovanni in Persiceto e nell’Archivio di Stato di Bologna, abbiamo ritrovato oltre ad una cospicua corrispondenza amministrativa, alcuni di questi certificati, che risalgono alla età dell’800, costituiscono degli eccezionali esempi di quella normale “pornografia della vita quotidiana” di cui usufruirono gli impiegati comunali e ospedalieri, da poco trasferiti dall’amministrazione dello Stato Pontificio a quella del Regno Sabaudo, nonché di prepotente violazione di qualsiasi rispetto della privatezza intima delle donne sottoposte a visita. Eccone alcuni esempi.

“Regno d’Italia – S.Giovanni in Persiceto, lì 3 giugno 1863. Ho visitato la M.E. ed ho trovato la mucosa vaginale fortemente inietata (sic) di un rosso cupo, non che associata ad uno scolo d’indole sospetta. In fede Ugolini Dr. Ottaviano”

“9 ottobre 1860 – Ho visitato la D.B. ed ho ritrovato essere affetta da cinque ulcere di fondo venereo alla mucosa del gran labbro sinistro della natura. In fede Sacenti Dr. Serafino”

” 3 agosto 1859 – …ho visitato la V.C. detta Vergion e dietro il più accurato esame non ho potuto in essa rinvenire traccia né di presente né di preesistente malattia specialmente celtica, non perché in realtà non vi possa esistere, ma perché la presenza dei mensili tributi mi tolgono la libertà di ben discernere. Ugolini Dr. Ottaviano”

17 luglio 1866, rapporto del Delegato di Pubblica sicurezza al Questore:”…quello poi che riuscì di somma sorpresa a chi scrive, si fu il rapporto dell’..Ufficio Sanitario…ove giudicò che stante la ristrettezza delle parti genitali, e specialmente del canale vaginale, non può ritenersi abituata la V. a frequente coito, mentre è positivo che la V. stessa entrò nell’Ospedale…perché affetta di malatia (sic) venerea”

Marzo/Aprile 1995 –Anno III- n° 2